Il Latte nella storia dell’uomo
La storia del latte e dei latticini è legata alla storia dell’uomo da tempi remotissimi, sicuramente da quando l’uomo ha iniziato a addomesticare gli animali ed in seguito ad allevarli. Questa è l’inconfutabile evidenza nella quale ci si imbatte quando ci si interroga sull’origine dell’uso alimentare del latte e dei suoi derivati. Già 8000 anni fa le popolazioni della Mesopotamia tentavano di addomesticare animali lattiferi ed è verosimile pensare che già allora gli uomini cercassero di utilizzare e di lavorare il latte a fini alimentari. Alcune prove di quanto siano antichi l’uso diretto e la lavorazione del latte si trovano anche in Italia. Il colino di terracotta scoperto a Piadena, risalente a 3500 anni fa è, infatti, molto probabilmente uno strumento che serviva per lo sgrondo della cagliata. Le scoperte archeologiche confermano dunque che gli antichi consumavano sia il latte che il formaggio, ma non è tuttora chiaro in che modo l’uomo sia riuscito a scoprire la cagliata e, di conseguenza, a produrre formaggio.
La leggenda
Quando una scoperta si perde nella notte dei tempi è inevitabile che intorno ad essa fioriscano le più svariate leggende. La più nota è sicuramente quella di un mercante arabo che, dovendo attraversare il deserto, portò con sé alcuni alimenti, tra cui il latte. Per il trasporto si servì di una sacca fatta con lo stomaco essiccato di una pecora. Il movimento del viaggio, il caldo e gli enzimi rimasti sulla parete dello stomaco della pecora avrebbero acidificato il latte e coagulato le proteine presenti al suo interno in piccoli grumi. Sarebbe nata così la cagliata. Leggende a parte è verosimile che la scoperta del formaggio sia stata effettivamente casuale e legata al tentativo di trasportare e conservare più a lungo il latte, alimento di cui i nostri antenati avevano già empiricamente scoperto le ottime proprietà nutritive.
La civiltà greca
Il fatto che gli antichi consumassero e apprezzassero il latte e il formaggio è provato da diverse testimonianze di carattere letterario e religioso. Già la mitologia greca si è occupata della scoperta del formaggio, attribuendola alle Ninfe, le quali avrebbero insegnato ad Aristeo, figlio di Apollo, l’arte di cagliare e trasformare il latte. Forse la più conosciuta attestazione letteraria dell’antichità circa la produzione e l’utilizzo del formaggio è quella dell’Odissea, nella quale Omero rappresenta il ciclope Polifemo all’interno della sua grotta, intento ad operazioni di mungitura di pecore belanti. Meno conosciute, ma senz’altro importanti, sono le attestazioni presenti in Ippocrate, primo medico nella storia dell’umanità, che parla del formaggio definendolo “forte, molto riscaldante e nutriente” e in Aristotele, il quale descrive in maniera documentata la tecnica di coagulazione del latte tramite l’utilizzo di succo di fico.
La civiltà romana
Anche i romani ebbero un ruolo importante nella storia del latte e dei suoi derivati. Se infatti nell’antica Grecia si consumava soltanto latte di origine ovina, a Roma si iniziò ad utilizzare il latte bovino. La civiltà romana non solo perfezionò ulteriormente le tecniche casearie, ma le diffuse, tramite il suo Impero, nel nord Italia, in Gallia, in Germania ed in Inghilterra, facendo sì che vi si dedicassero anche le popolazioni autoctone. È attestata infatti intorno al 58 d.C. la produzione del primo formaggio svizzero, mentre si dovrà aspettare l’impero di Adriano (120 d.C.) per il primo formaggio inglese. Anche nella letteratura latina si ritrovano riferimenti interessanti al latte e al formaggio. Primo tra tutti senz’altro è il mito della fondazione della città di Roma, la cui storia narra di come Romolo e Remo, una volta abbandonati, fossero stati allattati da una lupa e con ciò salvati da una morte certa. Significativa la testimonianza di Marco Terenzio Varrone, il quale descrive i principali tipi di formaggi che venivano consumati nel I secolo a.C. (vaccini, caprini e ovini sia freschi che stagionati) e documenta come la preferenza dell’epoca venisse accordata a quelli ottenuti tramite il caglio di lepre o di capretto, anziché di agnello. Di diverso parere è invece Columella, il quale nei suoi trattati di economia agricola, risalenti al I secolo d.C., oltre a descrivere le tecniche di trasformazione casearia dell’epoca, soffermandosi sull’uso di coagulanti vegetali come il fiore di cardo e il succo di fico, attribuisce la preferenza proprio al caglio di agnello poco apprezzato al tempo di Varrone. Insomma, ci si trova di fronte ad una disputa a distanza tra i gusti di due epoche, a testimonianza di come da sempre l’esercizio del gusto sia una facoltà propria dell’uomo e di come da sempre il latte e i suoi derivati siano tra i protagonisti indiscussi di tale esercizio.
Proprieta’ Nutrizionali del latte
Il latte è il prodotto della ghiandola mammaria di femmine di mammiferi. Esso deriva dalla mungitura regolare ed ininterrotta di animali in buono stato di salute, di alimentazione e in corretta lattazione. La produzione di latte comincia dopo il parto e, nella bovina, si protrae per un periodo di circa dieci mesi.
E’ costituito principalmente da acqua (87%), glucidi, principalmente lattosio (ca. 5%), lipidi (ca. 3,6%), princialmente trigliceridi proteine (ca. 3,2%): caseine (75%), lattoalbumine e lattoglobuline (25%), sali minerali
vitamine, enzimi e oligoelementi.
Zuccheri e lattosio nel latte
I glucidi del latte sono rappresentati in massima parte da lattosio che è lo zucchero specifico del latte: il latte rappresenta quasi l’unica fonte naturale di lattosio. Gli altri glucidi che si ritrovano nel latte sono principalmente glucosio, galattosio e alcuni oligosaccaridi che, nel latte bovino, sono presenti in piccolissime quantità (0,1% sul tal quale). Il tenore di glucidi del latte è piuttosto costante nell’ambito di ogni specie; tra specie diverse invece si riconoscono importanti differenze. In generale sembra esserci una relazione inversa tra tenore proteico del latte e tenore in glucidi. Poiché, come si vedrà, il tenore proteico del latte tende ad essere più elevato in quelle specie che sono caratterizzate da rapida crescita dei giovani soggetti dopo la nascita, il tenore glucidico, al contrario, è più alto nel latte di specie a crescita lenta (come l’uomo, ad esempio). Inoltre le specie che hanno un elevato tenore in lattosio nel latte tendono a produrre un latte povero di altri glucidi (in particolare oligosaccaridi) mentre le specie che hanno basso tenore in lattosio sintetizzano molti oligosaccaridi; fa eccezione la donna il cui latte è ricco sia di lattosio che di oligosaccaridi.
Il lattosio
Il lattosio è un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio. Il tenore in lattosio del latte di ciascuna specie è un dato piuttosto costante; nel latte di vacca la percentuale di lattosio è del 5% circa. Solo la fase colostrale si distingue per un basso tenore in lattosio del secreto.
Diverse ipotesi sono state avanzate per spiegare la presenza nel latte di lattosio al posto di altri zuccheri. Secondo una di queste ipotesi il lattosio sarebbe utile in quanto fonte di galattosio per il neonato: il galattosio infatti è impiegato nella sintesi dei galattolipidi e in particolare dei galattocerebrosidi del sistema nervoso.
Il lattosio ingerito con il latte viene digerito nel digiuno ad opera della betagalattosidasi, un enzima secreto dall’intestino, che libera glucosio e galattosio. Il momento di massima attività della beta-galattosidasi nei mammiferi coincide con la nascita; successivamente si assiste ad un declino della sua attività che si assesta, dopo lo svezzamento, intorno al 10% dell’attività iniziale. Questa diminuzione si verifica in tutte le specie di mammiferi anche se con modalità e secondo meccanismi differenti. Le popolazioni umane di ceppo europeo rappresentano un’eccezione in quanto gran parte degli individui sono in grado di mantenere anche da adulti un’attività lattasica intestinale elevata.
Tuttavia alcuni soggetti presentano una produzione di beta-galattosidasi insufficiente e questa carenza può determinare un quadro sintomatico che prende il nome di intolleranza al lattosio. A causa della carenza di lattasi una parte di lattosio passa indigerita nell’intestino crasso dove determina il richiamo di acqua nel lume intestinale, a causa del suo potere osmotico, e la formazione di gas, in seguito all’instaurarsi di fermentazioni batteriche. I sintomi sono rappresentati da coliche addominali, diarrea, meteorismo intestinale. L’intolleranza al lattosio è di natura ereditaria e questo spiega come mai vi siano differenze sensibili nella sua frequenza tra popolazioni diverse.
Da alcuni anni sono stati posti in commercio tipi di latte ad alta digeribilità nei quali le molecole di lattosio sono già scomposte in glucosio e galattosio, immediatamente assimilabili.
L’intolleranza al lattosio è dovuta ad una carenza enzimatica e non va confusa con l’allergia al latte bovino che è invece una vera e propria reazione del sistema immunitario nei confronti di alcune frazioni della componente proteica del latte (soprattutto caseine, beta-lattoglobulina e sieroalbumina). L’allergia al latte si distingue dall’intolleranza al lattosio perché tende a dare sintomi clinici di tipo sistemico e non limitati al solo tratto intestinale (vomito, orticaria, asma, shock anafilattico).
Il lattosio svolge un ruolo importante ai fini della trasformazione del latte in quanto è il substrato su cui crescono i batteri lattici (lattobacilli e lattococchi). A partire dal lattosio essi producono acido lattico che conduce al progressivo abbassamento del pH (acidificazione lattica) necessario per la produzione di yogurt, di latti fermentati e di molti formaggi.
Polimorfismo Genetico Ipolattosiemia
L’intolleranza primaria al lattosio, che è determinata geneticamente, prevale nella popolazione Africana ed Orientale per l80-95%, nella Mediterranea per il 50%, nel Nord Europa oscilla tra il 15-20%.
Esiste poi una secondaria intolleranza al lattosio dovuta ad una carenza fisiologica dell’enzima con l’età. Numerosi studi genetici eseguiti nel nord Europa, Italia, in Asia, Nord-Africa e america, hanno evidenziato, in numerosi soggetti un polimorfismo genetico caratteristico.
L’intolleranza al lattosio e correlata con due polimorfismi genetici nella regione enhancer del gene che codifica per l’enzima lattasi. Il primo è localizzato nella posizione C/T-13910 e il secondo nella posizione G/A-22018 nella regione enhancer nel gene umano della lattasi (LCT). Gli studi dimostrano che il genotipo C/C nella posizione 13910 e il genotipo G/G nella posizione 22018 sono associati ad un rischio di deficienza di lattasi e di conseguenza ad una intolleranza al lattosio.
Dott. Filippo Ranfi
Biologo (ind. BioMolecolare)
Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica
DNA GenoType LCT -Intolleranza al lattosio
Il GenoType LCT -Test è un test genetico che viene effettuato su campioni di sangue. Lo studio del polimorfismo associato ad alcune regioni genetiche caratteristiche della sintesi dell’enzima lattasi umano consente di identificare le mutazioni associate ad un difetto di produzione della lattasi e la conseguente intolleranza al lattosio. Lo studio genetico consente al paziente, al medico di base , al Pediatra e allo specialista di Gastroenterologia, di avere un quadro completo sulla problematica relativa all’intolleranza al lattosio.
Analisi effettuate su sangue:
Test GENETICO GenoType LCT
(predisposizione Genetica Intolleranza al Lattosio)
Polimorfismo C/T-13910 C/C-13910
Polimorfismo G/A-22018 G/G-22018